sabato 19 giugno 2010

Lo scopo della libertà

Carissime Silvia e Claudia,

grazie per i vostri stimolanti contributi.

A me pare che sia giusto affermare che la nostra libertà non è assoluta, dato che in tutte le nostre scelte siamo limitati e condizionati: è incontestabile che non abbiamo la possibilità di fare tutto ciò che vogliamo e che anche il bagaglio delle nostre esperienze è sempre limitato.

Tuttavia, da un altro punto di vista si può dire che la libertà ha un valore assoluto, perché con essa possiamo scegliere per l’eternità un Bene assoluto, cioè Dio. Infatti, quale valore avrebbero un miliardo di euro se il possessore di tale fortuna si trovasse da solo in un deserto? Come il valore dei soldi dipende da quello che con essi si può acquistare, così il valore della libertà dipende dall'uso che ne posso fare. Se l'unica scelta che potrei della mia libertà fare fosse, per esempio, quella di bere coca cola o aranciata, certamente non varrebbe molto. Il valore della libertà dipende dal suo possibile contenuto. Solo un contenuto infinito, cioè Dio, potrebbe dare alla libertà un valore infinito. Se la libertà ha un valore infinito, dipende dalla possibilità che l'uomo ha di scegliere Dio per l'eternità.

Faccio notare che è Dio che si fa scegliere e che, pertanto, liberamente, oltre a donarmi la libertà, dona valore ad essa e dunque alla mia esistenza.

È anche vero che la libertà da un certo punto di vista è un sinonimo di autonomia e di indipendenza: chi dipende dagli altri perché non è capace o perché è insicuro non è certamente libero. Qualsiasi forma di paura o di dipendenza psicologica limita la nostra libertà. Tuttavia, come ho gia scritto, anche i legami di amicizia e di amore sono una forma di dipendenza: dovremmo liberarci da essi per essere più liberi? Ha scritto Ramón Llull:

«Dimmi, Folle, che cos’è l’amore? E il folle rispose: Amore è ciò che rende schiavi i liberi e liberi gli schiavi. E non si sa in che cosa consista essenzialmente l’amore, se in questa schiavitù o in questa libertà. »

L’importante e veritiero adagio che la libertà di ciascuno termina dove inizia quella degli altri, rischia di indurre a considerare gli altri soltanto come un limite alla mia libertà, mentre essi possono accrescerla e valorizzarla. Se fossi solo al mondo senza altre persone, avrebbe davvero un grande valore la mia libertà? E del resto, se fossi solo quante possibilità verrebbero a mancare!

Giustamente Claudia ha sottolineato che si è liberi quando si è capaci di prendere in modo personale delle decisioni: la libertà è qualcosa che ci rende radicalmente unici ed insostituibili, perché nessuno può mettersi al nostro posto. Ma questo è un tema molto bello da sviluppare in un altro momento.

Non fatemi mancare, per favore, li vostri commenti. Un salutone.

Il prof. diversamente sardo

venerdì 18 giugno 2010

La libertà per Silvia e Claudia

Silvia ha scritto:

“Non vedo la libertà come un concetto assoluto. Per me la libertà del singolo essere umano sta nella sua possibilità di compiere una qualsiasi scelta. La scelta di vivere, di spostarsi da un posto all’altro, di dire la propria opinione, come solo di mangiare una mela. Una scelta che influenzi il futuro, vicino o lontano.

Ognuno dovrebbe poter essere in grado di compiere le sue scelte in modo autonomo e senza condizionamenti, quelle che riguardano se stesso come quelle che potrebbero coinvolgere molti altri. Per questo ritengo che essere liberi significhi essere capaci di compiere con consapevolezza, ma anche con coraggio e considerazione del prossimo tutte le proprie scelte.”.


Claudia ha scritto:

Claudia ha scritto:

"Che cos'è per me la liberta? Non tradire noi stessi, essere coscienti di quello che si fa "cito le due mie compagnette" e perché no, essere indipendenti; qui spiego meglio: quando si parla di essere coscienti di quello che si fa presuppone anche una conoscenza e un'esperienza che ti porta ad avere un punto di vista tuo personale e questo per me è importantissimo per non reagire passivamente a ciò che ci circonda, per non seguire la massa. Poi professore vorrei contestarle la parte iniziale del suo commento: non credo che in un legame (es. in un'amicizia) una persona dipenda dall'altra o per lo meno non m piace questa parola preferirei "ci si rispecchia o ci si confronta". Vorrei poi anche aggiungere un'altra definizione di libertà da cui presero spunto i padri fondatori: la mia libertà non deve ledere quella degli altri e questo prevede il rispetto delle libertà altrui persino di quelle più lontane per quanto possano essere radicate. Questo è quello che ho scritto di getto spero che il mi commento non sia banale.". Claudia Persico

giovedì 10 giugno 2010

Carissime Francesca e Lucia,

grazie per la vostra risposta, ricca di profondi contenuti.

La prima cosa che avete voluto mettere in rilievo è che la libertà non può essere definita soltanto negativamente come assenza di costrizioni e di limiti: porre eccessivamente l’accento sull’indipendenza rischierebbe di farci chiudere in noi stessi, perché ogni relazione è sempre in vari modi un legame e ,dunque, una forma di dipendenza., ma anche di scambio con possibilità di arricchimento reciproco tra i soggetti della relazione.

Inoltre , come avete implicitamente affermato, non basta indicare da che cosa si vorrebbe essere liberi: occorre anche capire lo scopo della libertà; non basta una libertà “da”, occorre una libertà “per”!

Avete scritto: «“Ci sentiamo liberi quando abbiamo la piena consapevolezza di essere i fautori del nostro destino».

E’ un’affermazione importante da vari punti di vista. Per inciso, mi fa piacere farvi notare che avete utilizzato l’espressione “ci sentiamo liberi” e non quella “siamo liberi”: i giovani avvertono e sentono con particolare forza ed urgenza la libertà: hanno una vita davanti, sanno sognare, non hanno paura di sperare e sono capaci, a volte, anche di progettare; sentono soprattutto il desiderio di ideali grandi e nobili. Siate aderenti sempre alla realtà, ma non smettete mai di sognare: imparate a tenere i vostri piedi ben saldati alla terra e al contempo, sappiate costantemente rivolgere la testa al cielo! Sentire con forza l’anelito alla libertà non significa comprenderla, ma è un suo necessario presupposto.

E’ bello che abbiate utilizzato l’espressione “destino”. Ciò significa che avvertite l’esigenza di risposte radicali e che non vi accontentate di risposte parziali o elusive; ciò significa che vi sta a cuore capire qual è lo scopo ultimo di tutta la vostra vita e non solo di una parte di essa!

E’ stupendo anche che abbiate associato la libertà al desiderio “di raggiungere quell’insaziabile voglia di felicità.” Avete intuito che:

- a) il massimo di libertà coincide con il massimo di felicità;

- b) la piena felicità è qualcosa che “sazia pienamente senza saziare”, ossia qualcosa che miracolosamente appaga totalmente il desiderio senza estinguerlo!

Dato che siete state bravissime, non posso non rivolgervi altre domande sorte da ciò che avete scritto. Cominciamo con la prima:

qual è in generale lo scopo ultimo della libertà?

Buon lavoro. Voi e i vostri compagni avete tempo fino al prossimo mercoledì per la risposta.

Un salutone.

Il prof. diversamente sardo

domenica 6 giugno 2010

La libertà per Lucia e Francesca

Premettiamo che abbiamo scritto insieme un'unica risposta, in quanto confrontandoci, è emerso che la pensiamo allo stesso modo.


Ci sono diverse accezioni con le quali possiamo definire cosa sia per noi la libertà.
Al giorno d'oggi, tra noi giovani, la maggior parte delle volte il termine "libertà" viene utilizzato impropriamente: "Non sono libera di uscire, non sono libera di fare ciò che voglio, di tornare tardi la sera". Ma se ci discostiamo da questa concezione forse superficiale e distorta, potremo riuscire a comprendere la vera essenza della libertà. Ci sentiamo liberi quando abbiamo la piena consapevolezza di essere i fautori del nostro destino, i fautori delle nostre scelte di vita, pur sapendo che non verranno condivise da tutti, quando decidiamo di intraprendere un cammino perchè abbiamo uno scopo.E allora ci sentiamo "leggeri", invincibili", abbiamo voglia di crescere, di scoprire, di confrontarci e soprattutto di raggiungere quell'insaziabile voglia di felicità.

Lucia e Francesca

venerdì 4 giugno 2010

Ricerca sulla /della libertà

Carissime/i

comincia la nostra avventura della ricerca sulla/della libertà, riservata ai componenti della classe 1E del Liceo Siotto di Cagliari nell'anno scolastico 2009/10.

È un'impresa ardua, riservata a quelli come te che vogliono andare in fondo ai problemi, perché hanno una sete di verità troppo grande per essere saziata da frasi fatte o da luoghi comuni.

La inizieremo e la porteremo avanti insieme, perché per vincere la nostra sfida ci vuole una squadra affiatata e poi perché i viaggi più belli sono quelli con gli amici.

Nessuno, però, potrà riflettere, cercare e scrivere al tuo posto.

Inizia con una domanda: Che cos'è per te la libertà?

"...il modo di agire presuppone il modo di pensare: si potrebbe dire che l'uomo è libero a seconda del modo in cui considera la sua libertà e la comprende. Esiste tuttavia un rapporto inverso: l'uomo comprende la sua libertà secondo il modo in cui è libero - o nella misura in cui si sforza di essere libero." (Giovanni Paolo II, cfr. André Frossard, Non abbiate paura -André Frossard dialoga con Giovanni Paolo II-, Rusconi, 1983, pp.122)










sabato 27 marzo 2010

Il punto sulla pedofilia nella Chiesa

di Bruno Mastroianni, 26.3.10

Il dibattito ha assunto toni tali da richiedere una rimessa in ordine degli elementi principali. Secondo i dati e i fatti quello sulla pedofilia è un allarme ingiustificato. La Chiesa vi sta mettendo mano in modo efficace da tempo.

I numeri negli USA: 54 condanne in 42 anni
La conta degli effettivi di casi di pedofilia da parte degli ecclesiastici non serve per sminuire il fenomeno, ma per capirlo nelle sue giuste dimensioni. Massimo Introvigne in un articolo sull’Avvenire ha messo in fila alcuni dati degli Stati Uniti. Secondo lo studio del 2004 del John Jay College of Criminal Justice i sacerdoti accusati di effettiva pedofilia in 42 anni sono stati 958, 18 all’anno. Le condanne sono state 54, poco più di una all’anno (i sacerdoti e i religiosi negli Stati Uniti sono circa 109.000). Mentre, nello stesso periodo, sono state 6.000, le condanne relative a professori di ginnastica e allenatori giudicati colpevoli dello stesso reato dai tribunali statunitensi.

In Germania 94 casi sospetti su 210milia totali, in Irlanda problemi soprattutto nel sistema educativo
In un articolo del Giornale, Andrea Tornielli, riporta che in Germania dal 1995 sono stati denunciati 210mila casi di reati contro minori, i casi sospetti avvenuti nell’ambito della Chiesa cattolica sono 94 (1 su 2000). In Irlanda il Rapporto Ryan del 2009 ha registrato le testimonianze di 1090 persone su casi di violenze (non solo sessuali ma soprattutto fisiche e psicologiche) nel sistema scolastico dell'isola dal 1914 al 2000. Nella disanima di centinaia di violenze i religiosi accusati di abusi sessuali su minori sono 23, anche se i dati non sono completi perché in due scuole non viene specificato il numero. Nelle scuole femminili sono state accusate solo 3 laiche impiegate. In diverse scuole gli abusi furono ad opera del personale, oppure di visitatori esterni o di alunni più grandi e non di sacerdoti (si veda la sintesi di Diego Contreras). Come dice anche Introvigne nel suo articolo, il rapporto più che la pedofilia nella Chiesa certifica soprattutto la situazione di abbandono, violenza fisica e depravazione che ha afflitto i metodi educativi dell’intero sistema scolastico.

300 casi in tutto il mondo, su 400.000 sacerdoti
Mons. Scicluna, della Congregazione per la Dottrina della Fede, in un'intervista ha dichiarato che dal 2001 al 2010, la Congregazione si è occupata di circa 3000 casi di sacerdoti diocesani e religiosi che riguardano delitti commessi negli ultimi cinquanta anni. Solo nel 10 per cento dei casi si tratta di atti di pedofilia, quindi circa 300 in tutto il mondo. Il numero complessivo di sacerdoti diocesani e religiosi nel mondo è di 400 mila.

Documenti con disposizioni esplicite
Nei discorsi sulla pedofilia si tirano spesso in ballo alcuni documenti dando l’informazione errata che conterrebbero istruzioni per la copertura dei casi di pedofilia. In realtà tutti i documenti sono ufficiali e pubblici, e l’atteggiamento di condanna agli abusi è chiaro e forte. Le incomprensioni nascono da cattive traduzioni e imprecisioni dovute al fatto che i documenti sono redatti in latino e non vi sono traduzioni ufficiali in altre lingue.
Il primo è l’istruzione “Crimen sollicitationis” (testo latino) un testo del 1922 riedito da un Giovanni XXXIII nel 1962 che si occupa del reato di istigazione a cose turpi da parte dei confessori. Il documento, che tratta principalmente di altri abusi, fa un riferimento anche alla pedofilia chiamandola crimen pessimus. Nel documento è esplicito l’obbligo di denunciare i crimini (traduzione in italiano non ufficiale dei passi più espliciti).
Il secondo è il "De delictis gravioribus" (testo latino, in italiano) firmato da Joseph Ratzinger e Tarcisio Bertone nel 2001, fu redatto per dare corso al motu proprio “Sacramentorum sanctitatis tutela” (testo latino, in italiano in una traduzione non ufficiale) di Papa Giovanni Paolo II che, proprio per evitare insabbiamenti e pasticci locali, assegna la competenza in materia di pedofilia alla Congregazione per la dottrina della fede.
Se ci sono stati insabbiamenti e omissioni, essi si devono a una mancanza di fedeltà alle disposizione del Papa e del Magistero.

Il celibato non c'entra con la pedofilia
Si è sentito anche parlare di un nesso tra pedofilia e celibato. Lo psichiatra Manfred Lutz, uno dei maggiori esperti del tema, in una recente intervista ha spiegato come questo nesso non ci sia affatto, anzi, gli esperti affermano che chi vive l’astinenza sessuale è meno a rischio di commettere abusi rispetto a chi è sposato. Nel già citato articolo di Introvigne si riportano gli studi di Jerkins che hanno registrato come i casi di pedofilia siano presenti in misura maggiore tra le diverse denominazioni protestanti ove i pastori possono contrarre matrimonio. Anche il dato già citato dei 6.000 casi di abuso negli Stati Uniti nello stesso periodo di quelli ecclesiastici sono ad opera in maggioranza di persone sposate. Insomma un nesso tra celibato e pedofilia non sembra esserci.

L'azione chiara e decisa di Benedetto XVI
Papa Benedetto XVI, prima come Prefetto della Dottrina della Fede poi come Papa è, senza dubbio colui che più si è impegnato a correggere questa piaga nella Chiesa. Da leggere la recente Lettera ai cattolici irlandesi. In essa c’è una chiara condanna del fenomeno e un forte invito ai vescovi a prendersi le proprie responsabilità per riparare e far sì che non accada in futuro. Stessa chiarezza e determinazione che il Papa ha mostrato durante il suo viaggio negli USA (qui una rassegna dei suoi interventi sulla pedofilia) e in Australia.

Colpe di pochi e del passato... riparazione di tutti
Anche un solo caso di pedofilia da parte di un prete è ripugnante così come lo è un solo caso di incesto o di infanticidio. Dai dati, dai documenti e dalle risposte si nota che il Papa sta invitando la Chiesa nel suo insieme a fare uno sforzo per prendersi sulle spalle e riparare alle colpe di pochi. Nel frattempo un recente rapporto della Conferenza Episcopale USA rileva che il numero delle denunce di presunti casi di pedofilia da parte di ecclesiastici ha raggiunto il minimo storico dal 2004 (da quando si è iniziato a registrarli). Un segnale che la “politica” di Benedetto XVI sta portando i suoi effetti. Infatti la maggior parte delle accuse che stanno comparendo sui media riguarda casi vecchi, sostanzialmente già chiusi e noti da tempo: quella della pedofilia è una piaga soprattutto del passato, a cui si sta mettendo mano con efficacia.

Confusioni mediatiche: il fratello del Papa, il caso di Monaco e il prete di Milwakee
Finora sono stati tirati in ballo alcuni casi di pedofilia che in qualche modo sembrano sfiorare il Pontefice. Il primo è quello di due casi di abuso avvenuti a Ratisbona intorno al ’58 che è sembrato toccassero il fratello del Papa. In realtà i casi sono entrambi noti, giuridicamente chiusi e riguardanti un periodo diverso dalla direzione del coro da parte di Georg Ratzinger dal 1964 al 1994 (vedere già citato articolo di Tornielli che spiega i due casi). Il secondo è il caso di un pedofilo nella arcidiocesi di Monaco e Frisinga all’epoca in cui Ratzinger era arcivescovo. Il caso risale al 1980. È emerso nel 1985 ed è stato giudicato da un tribunale tedesco nel 1986. Il tribunale accertò tra l’altro che la decisione di accogliere nell’arcidiocesi il sacerdote in questione non era stata presa dal cardinale Ratzinger e non gli era neppure nota (questo episodio è spiegato nell’articolo di Introvigne già citato). Il terzo caso è quello di un sacerdote macchiatosi di reati di pedofilia nella diocesi di Milwakee negli anni ’70. Le carte dicono che la Congregazione per la Dottrina della Fede (di cui era prefetto allora Ratzinger) fu consultata 20 anni dopo i fatti e invitò a tenere il sacerdote comunque alla larga dalle attività pastorali nonostante fossero passati così tanti anni senza evidenze di altri crimini e nonostante la stessa giustizia civile aveva archiviato il caso.